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Il fatto stesso che riusciamo a fare fisica e a porci domande significative anche a livello scientifico è già qualcosa di utopico: così il professor Mauro Carfora apre la sesta edizione di ScienzaNuova. Il professore chiarisce il senso di questa utopia riprendendo la fondazione del metodo scientifico, anche alla luce delle critiche di Goethe, e sfatando alcuni luoghi comuni, fra cui l’idea che la scienza spieghi ogni cosa. La scienza non spiega, ci fa notare il professore. Partendo da qui, arriviamo a un’ampia indagine di come la fisica ha descritto lo spazio ed il tempo lungo la sua evoluzione fino ad oggi.

Lewis Fry Richardson è stato uno dei più grandi fisico-matematici del XX secolo, eppure è conosciuto molto poco. Fra i suoi lavori più importanti si annoverano l’introduzione dei frattali, lo studio di fenomeni di turbolenza, l’idea delle previsioni del tempo (grazie a lui oggi possiamo usufruire di stime matematiche su precipitazioni, temperatura, umidità del futuro) e l’idea di calcolo parallelo. Fu un convinto e attivo pacifista e cercò di sviluppare un modello matematico per descrivere la psicologia della guerra, precorrendo la teoria dei giochi. Ce ne parla il professor Angelo Vulpiani.

Il professor Vieri Mastropietro introduce il Modello Standard, teoria fisica che descrive a un livello fondamentale le particelle elementari che compongono l’universo e tre delle quattro forze note. Uno dei risultati più sorprendenti di questo modello è aver previsto particelle (W, Z e bosone di Higgs) che sono state poi effettivamente scoperte decenni dopo. Nonostante ciò, si tratta di una teoria perturbativa e la sua auto-consistenza matematica non è ancora stata provata. E’ proprio questa l’utopia di cui ci parla il professore, indagando la teoria della rinormalizzazione e i problemi ancora aperti, fra cui quello della consistenza matematica del modello.

In greco antico la parola “utopia” non esiste. Ma è possibile rintracciare delle esperienze utopiche nella cultura e letteratura greca? La risposta è sì ed Elena Langella ci illustra qui una serie di esempi che fanno apparire sensi del concetto di utopia che la definizione da dizionario lascia nascosti. Se guardiamo all’Odissea, per come comprendiamo l’utopia potremmo facilmente ritrovarla nella società dei Feaci. Ma è questo l’ideale a cui tende Odisseo?

A seguito dell’intervento di Andrea Moro (https://www.youtube.com/watch?v=iFjfeIgtSyQ&t=140s ), la sesta edizione di ScienzaNuova vede il contributo di Achille Varzi, il quale analizza come alcune celebri utopie fondate su importanti teorie si siano dimostrate irrealizzabili. L’analisi del professore spazia da un risultato di teoria politica, ovvero il paradosso di Condorcet, che compromette (se non, addirittura, distrugge) il sogno della democrazia, alla teoria dei linguaggi, dove l’utopia può consistere nel potere espressivo del linguaggio, passando per la logica e in particolare i teoremi di incompletezza di Gödel.

Che nesso c’è fra lingua e natura, intendendo quest’ultima come naturalezza e necessità? Dante parla del volgare come di quella lingua che “si apprende senza bisogno di nessuna regola”. E molto prima di lui Marco Varrone diceva “Chiamo natura il caso nel quale tutti noi non chiediamo come declinare un nome dato […] ma lo decliniamo da soli”. In che senso le regole della lingua sono naturali? Come e fino a che punto vengono interiorizzate? Il professor Andrea Moro, celebre linguista ordinario alla Scuola Universitaria Superiore (IUSS) di Pavia, parte da queste domande sulla lingua come necessità per arrivare a esplorare la lingua come utopia: ha senso il progetto o la ricerca di una lingua perfetta, razionale, primaria? Questo conduce a pensare la lingua come possibilità. Qualunque sistema di regole può portare ad una lingua oppure no? E le regole linguistiche possono essere ottimizzate per ottenere una lingua ideale?

Il professor Luigi Galgani racconta il suo lavoro di ricerca in fisica, che verte principalmente sulle relazioni fra meccanica classica e meccanica quantistica. A partire da qui, il professore esplora le interpretazioni della meccanica quantistica, passato (Poincaré, Einstein, Heisenberg, Schrödinger) e presente della teoria. Questo apre a discutere, con la dovuta cautela, di tempo, realismo, mondo oggettivo e soggettivo, libertà individuali, scienza.

Che cos’è la lingua? E’ riconducibile al linguaggio, inteso come codice comunicativo, oppure no? O è forse il linguaggio una caratterizzazione particolare di una ricchezza? I professori Gino Zaccaria e Ivo De Gennaro in questo intervento per ScienzaNuova 2017 cercano di chiarire la questione, indagando anche gli esempi classici dell’uomo primitivo e del bambino.

In quattro incontri Eugenio Regazzini, professore emerito al Dipartimento di Matematica dell’Università di Pavia, illustra il significato soggettivo della probabilità ed espone, in modo succinto ma completo, la definizione di distribuzione di probabilità su una classe arbitraria di eventi (condizionati se richiesto dalle circostanze) e di previsione su una classe arbitraria di numeri aleatori limitati (condizionati se richiesto dalle circostanze).

Di tale definizione il professor Regazzini esamina le conseguenze sul calcolo delle probabilità, soprattutto in relazione all’impostazione assiomatica di Kolmogorov e, a proposito della teoria generale che ne scaturisce, discute condizioni in presenza delle quali “definizione classica” (Laplace) e “definizione frequentista” (von Mises) possono essere riviste come criteri, non unici quantunque largamente seguiti, per la valutazione di probabilità.

Ultima lezione del ciclo.

A causa di un problema tecnico, la lezione tenuta in presenza non è stata registrata. Questa è una replica concessa dal professore in un secondo momento.

E’ ben nota la figura di Umberto Boccioni come artista ed esponente del Futurismo, ma si parla poco del suo lavoro filosofico. Boccioni infatti non ha semplicemente partecipato a quell’esperienza artistica e culturale, ma ha proprio fondato l’opera d’arte futurista, in un senso di “fondazione” e di “arte” che il professor Zaccaria chiarisce in questo intervento, in cui, grazie a un seminario precedente del professor De Gennaro (https://www.youtube.com/watch?v=sdDT9w02LBg&t=945s), è anche messo in luce un confronto con Klee. Da notare che i suoi stessi amici che condividevano con lui l’avventura del Futurismo lo chiamavano “filosofo della compagnia”, perché è questo che effettivamente Boccioni è stato: il filosofo del dinamismo universale.